Questo nostro Patrono così bistrattato!
Ancora una volta siamo giunti alla festa del nostro Patrono meno festeggiato. Tra l’altro quest’anno la data casca giusta giusta in domenica: roba da fare festa grande, no? E invece…
Vi confesso che quando devo giustificare a me stesso (e a chi me ne chiede conto) come mai il nostro paesello porti il nome di questo Santo (il nome completo della nostra frazione - infatti - è Laxolo San Gottardo) se non abbiamo né una statua da portare in processione, né una reliquia da venerare, né una gran conoscenza della sua vita… mi sento un po’ a disagio e quasi in colpa.
Beh, per la reliquia sappiate che ho chiesto ufficialmente al Vescovo attuale di Hildesheim (Diocesi della Germania dove San Gottardo fu Vescovo e nella cui cattedrale riposa il suo corpo), e sto attendendo dalla Curia di Bergamo la lettera di raccomandazione del nostro Vescovo da inviare perché possano mandarcene una. Speriamo vada presto tutto in porto. Per la statua, chissà… Intanto accontentiamoci di quella piccoletta (solo 61 centimetri) che sta sotto l’altare. Se non altro è molto antica (della prima metà del 1500) e di prezioso marmo bianco.
Sogno un giorno in cui riusciremo a rendere omaggio come si deve a questo nostro “fratello maggiore” che da anni veglia sui suoi figli laxolesi piuttosto distratti e inconsapevoli!
Intanto però abbiamo almeno il compito di conoscerlo meglio e lasciarci ispirare pensieri e propositi santi.
Non sto a riportarvi nuovamente la biografia di San Gottardo (ché altrimenti farei un doppione del Foglietto n.25 del 6 maggio 2012), ma cerco di aggiungere altre notizie utili a capire come mai si sia diffusa anche da noi la sua devozione, ma soprattutto, prendendo spunto dal racconto di uno dei suoi tanti miracoli, voglio darvi modo di riflettere su come i Santi continuino a rimanere attuali, e validi esempi da seguire, anche oggi.
I Santi di lingua tedesca particolarmente venerati nella Chiesa italiana sono ben pochi. Di essi – fin dall’antichità – il Vescovo benedettino San Gottardo ha il posto più eminente nella pietà popolare e il maggior numero di parrocchie dedicate al suo nome (anche se limitatamente alle nostre regioni settentrionali). La ragione storica del culto va ricercata nell’evangelizzazione a largo raggio compiuta dal missionario Gottardo, che certamente raggiunse la Svizzera e il territorio italiano, ove oggi è venerato.
In Italia, il nome tedesco Gothard (che vuol dire “il forte di Dio”) venne tradotto con una delle tante storpiature popolari che lo accostavano alla malattia della Gotta (infatti il Santo era invocato per alleviare i dolori di gotta e altre malattie artritiche e reumatiche). L’intercessione di San Gottardo fu implorata contro la febbre, la podagra, l’idropisia, contro le malattie dei fanciulli, le doglie del parto e contro la grandine. Sulle principali vie di traffico Gottardo divenne il patrono preferito dei commercianti e ciò spiega perché nelle Alpi centrali siano sorte dappertutto chiese e cappelle in suo onore .
Leggere e attualizzare un miracolo di mille anni fa...
Un giovane famoso della fortezza di Stanwenborch in Baviera, stava cercando di attraversare il Danubio, ma la tempesta fece naufragare il battello, e fu sommerso dal fiume. Rimase in acqua più di tre ore senza essere trovato. Finalmente il corpo esanime fu portato a riva e condotto morto alla casa dei genitori. Parenti e vicini piangevano per la disgrazia. Ma il Santo Abate Gottardo, passando per caso in quel luogo e udendo le voci di quelli che piangevano, disse “O morte, come è amaro il tuo ricordo per l’uomo! Come improvvisamente e inaspettatamente tu spegni! Essa è la peggior cosa per i peccatori, ma per i giusti è molto desiderabile e preziosa”.
Mentre diceva queste parole e altre simili, giunse la povera madre del giovane e si gettò ai piedi del Santo, dicendo: “Signore, se tu poi fare qualcosa presso Dio, abbi pietà di me e resuscita mio figlio”.
Il Santo le rispose: “Credimi, o donna, come è vero e insegna l’esperienza quotidiana, tutti siamo soggetti al potere della morte e perciò sono beati i morti che muoiono nel Signore. Infatti la morte abbatte tutti quelli che vivono nel mondo, non in un sol modo, ma quasi in mille modi. Beato chi vigila e si premunisce per il suo arrivo”. Ma la donna insisteva tra le lacrime: “Il mio unico e amato figlio è morto improvvisamente annegato nel fiume; per lui temo la dannazione, perché era troppo attratto dal mondo. Ti prego dunque, o pio Padre, se puoi qualcosa presso Dio, risuscita mio figlio soltanto perché possa confessare le sue colpe e sia confortato con i santi sacramenti della Chiesa e poi, se piace a Dio, riposi felicemente in pace”.
Allora il Santo, usando le parole del Salvatore, le disse: “O donna, grande è la tua fede, ti sia fatto come hai chiesto”. E andando con lei presso il cadavere che giaceva sul feretro e tenendolo per mano, disse: “Giovane, ti dico, alzati”.
E il giovane si alzò incolume e sano; e chiese all’uomo santo di ascoltare per grazia di Dio la sua confessione e che per i suoi peccati gli imponesse una salutare penitenza. Gottardo acconsentì alla richiesta e, udita la sua confessione, gli diede i sacri Sacramenti della Chiesa.
Fatto questo, il giovane disse: “O Padre santo, ordina che io riposi di nuovo in pace, poiché ho troppo orrore del mondo, che manda nella Geenna quelli che lo amano, la cui pena molto grave in parte ho provato”. E l’uomo di Dio disse: “Dormi, figlio mio, e riposa felicemente nella pace di Gesù Cristo”. Ed egli rispose: “Amen”. E, reclinato il capo, si addormentò felicemente in grazia di Dio.
Sua madre, felice, udite e conosciute queste cose, allontanata ogni tristezza, con gioia diede sepoltura al corpo del figlio secondo il rito ecclesiastico.
Quando ho letto questo racconto (di chiara natura agiografica e popolare) sono rimasto folgorato. Non tanto dalla grandiosità di un miracolo di resurrezione e dall’estrema somiglianza dei gesti e delle parole di San Gottardo con quelli di Gesù, ma dalla fede immensa di quella madre che chiedeva qualcosa non per sé ma per il figlio, e non tanto la sua salute corporale, ma prima di tutto per quella dell’anima!
Se avessimo genitori così anche oggi! Quanti mali sarebbero scongiurati! Quanta santità traspirerebbe da ogni luogo! Quanta luce, quanta speranza!
Invece viviamo in un mondo dove i genitori proiettano sui loro figli le proprie speranze disilluse, e li obbligano a cercare di raggiungere quello che loro non sono riusciti ad ottenere da piccoli. Abbiamo genitori che non fanno mancare nulla ai loro figli… eccetto la fede e i valori veri! Genitori che baratterebbero l’anima propria e dei propri figli pur di ottenere “successi”… e non sto parlando solo di chi (come hanno scritto lungamente le riviste) ha spinto la propria figlia a prostituirsi con il manager o il politico di turno per avere la strada spianata in TV o nello spettacolo, ma di quei genitori che anche qui, nelle nostra Valli, tutte le domeniche fanno bellamente saltare la Santa Messa ai loro figli perché sono già “dei campioncini” nel tal o tal altro sport e perciò non possono perdere nemmeno una gara, e li portano in capo al mondo facendoli alzare alle 4 del mattino! Natale e Pasqua compresi!
Luminosa, poi, è la visione cristiana della morte che traspare sia dalle parole di San Gottardo che da quelle della donna: anche se giunge in maniera inaspettata e tragica, la morte, per i giusti, per chi si è premunito per il suo arrivo, è desiderabile e preziosa, è il riposo nella pace di Dio in Cristo Gesù.
Cosa mi sento di chiedere nella preghiera al nostro caro Patrono a nome di tutti?
Che San Gottardo ci conceda di desiderare, per i nostri giovani, che abbiamo salva la loro anima, che sentano la sete dei veri valori della vita e della fede! Che desiderino ricercare sempre e solo la verità, che ambiscano ancora di spendere la vita per gli altri, di essere disposti a fare sacrifici per non rinunciare alla verità, e che fuggano con orrore tutte le false illusioni del mondo!
È vero, la mia preghiera suona molto ammuffita, e simile alle parole del canto popolare Noi vogliamo Dio, le ricordate? “Sian forti i figli, caste le figlie. Tutti ci infiammi di Dio l’amor!”… ma se ormai alla febbre e ai reumatismi ci pensano le medicine… questo è ciò che dobbiamo chiedere oggi al nostro Patrono. Così sia!