Non di solo pane vivrà l'uomo...
In questo tempo di Quaresima ci stiamo facendo guidare in modo sempre più docile e fedele dalla Parola di Dio che ascoltiamo nella Liturgia. Ci accorgiamo sempre più come l’ascolto (attento e disponibile) sia la condizione essenziale per dar modo al Signore di insegnarci la Sua Volontà e attirarci a Sé.
È importante però che l’ascolto sia reso agevole e fruttuoso dal prezioso servizio di chi si presta a leggere la Parola di Dio in mezzo all’Assemblea.
Ecco perché in questo foglietto mi permetto di suggerire alcune riflessioni su quanto abbiamo bisogno di camminare, formarci e cambiare—tutti, nessuno escluso—nel ministero dell’annuncio della Parola di Dio.
Queste riflessioni sono solo la provocazione iniziale che ci obbliga a metterci al lavoro con gli strumenti più adatti per rendere sempre più rispettoso e degno questo servizio.
Leggere la Parola di Dio è servizio e azione sacra
La prima considerazione che faccio parte dalla struttura stessa della celebrazione della Messa.
Nella Messa, la liturgia (cioè quell’insieme di riti e gesti sacri che compiamo) è composta da diversi momenti che ruotano attorno a due punti focali: la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica.
Potremmo dire, come fanno alcuni autori (seguendo la famosa citazione “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”, Mt 4,4) che venendo a Messa ci sediamo a due tavole imbandite: quella della Parola e quella del Pane.
Partendo da qui, ci rendiamo conto che lo stesso rispetto e la stessa venerazione che abbiamo per il Pane consacrato (che ci fa comunicare al Corpo di Gesù), dobbiamo averli per la Parola che Dio ci rivolge per comunicarci i pensieri più profondi del Suo Cuore.
E allora arrivo subito con le provocazioni, pur sapendo che saranno molto forti e forse potrebbero ferire la sensibilità di qualcuno.
Manderemmo mai uno sconosciuto qualunque a distribuire l’Eucaristia ai fedeli durante la Messa? Oppure ci azzarderemmo mai a salire per comunicarci e prendere in mano la particola consacrata con le mani sporche, appena utilizzate per fare i mestieri di casa?
O anche solo, avremmo il coraggio—in coscienza—di salire a ricevere la Comunione se avessimo chiacchierato per tutta la messa con il vicino di banco? Oppure, vi andremmo senza aver fatto anche solo un attimo di raccoglimento e di preparazione e compunzione del cuore?
Credo proprio che la risposta a tutte queste domande sia un categorico “No!”. Ed ecco che arriva l’autogoal…
Se esigiamo giustamente tutto questo rispetto e questa preparazione per quanto riguarda l’Eucaristia, la Comunione… perché invece ci accostiamo alla Parola di Dio in modo così superficiale e approssimativo?
Perché spesso si va a leggere la Parola di Dio senza un’adeguata preparazione?
Senza averla mai letta prima di arrivare alla Messa?
Senza averla prima meditata per conto nostro così da dar modo allo Spirito Santo di poter parlare prima di tutto a noi, al nostro cuore?
Senza aver nemmeno fatto un piccolo corso di preparazione per capire la grande (anzi immensa) differenza che passa tra il leggere il giornale o un libro per conto nostro e il proclamare la Parola di Dio in mezzo all’Assemblea, dove si è chiamati a dare nuovamente voce allo stesso Spirito che ha parlato per mezzo degli autori sacri e dei profeti di cui ascoltiamo gli scritti?
Perché—anche solo in qualità di semplici fedeli chiamati ad ascoltare—non prestiamo molta attenzione alla postura del nostro corpo (se e quando si debba stare in piedi o seduti), ai momenti in cui siamo chiamati a fare da “risposta” corale a quanto ci viene annunciato (come per esempio nel Salmo Responsoriale)?
Vissute così, ora come ora, le nostre sono sempre e solo “Messe a metà”.
È come se fossimo invitati a pranzo in un rinomatissimo e sofisticato ristorante, e proprio all’inizio, mentre parla il capo-Chef per spiegare il menu e le prelibatezze che ci ha preparato, noi ci assentassimo per andare in bagno…
Stiamo pur certi che poi passeremmo tutto il pranzo a lamentarci di non sapere nemmeno che cosa ci viene servito sul piatto!
Allo stesso modo, anche nella Messa non possiamo gustare la Mensa del Pane se prima non abbiamo saziato e istruito il nostro cuore alla Mensa della Parola. D’altronde, ci siamo mai chiesti come mai i nostri “vecchi” dicevano che la messa era valida se—arrivando in ritardo—entravi in tempo per il vangelo?
Sono convinto che spesso le nostre celebrazioni eucaristiche siano troppo sbilanciate su un momento che non è quello essenziale: la predica del sacerdote!
Ci piace una messa a seconda di come parla e di cosa dice il prete che la celebra.
Ma la predica, l’omelia, non è altro che il “sorbetto”, cioè quella cosa che nel pasto ha la funzione di aiutarti a mettere ordine per distinguere i sapori l’uno dall’altro (la carne dal pesce), o il “digestivo” per aiutare il tuo stomaco a digerire e assimilare quanto hai mangiato.
Solo che se mentre passavano le pietanze sostanziose tu eri altrove, cosa mai ci sarà dopo da degustare e da digerire?!
È questa la fatica che faccio spesso nel momento in cui mi accingo a tenere l’omelia: ho l’impressione che le letture appena proclamate andrebbero rilette più volte, lentamente, perché per la maggior parte dei fedeli non sono state ascoltate o non sono state capite!
Ma se da parte di fedeli che ascoltano occorre più attenzione e uno sforzo maggiore di partecipazione, è in particolar modo da chi si rende disponibile al ministero della proclamazione della Parola che si esige una preparazione e una riverenza sacrale assolutamente senza sconti!
Chi si mette a disposizione per leggere la Parola di Dio deve tenere in considerazione le seguenti riflessioni:
Proclamare non significa soltanto leggere ad alta voce (che già non sarebbe male avere una voce alta e chiara…). È rendere pubblico: portare a conoscenza di quanti sono presenti ciò che si legge; la Parola di Dio proclamata nella liturgia in qualche modo è sempre nuova, anche se già conosciuta.
Significa acclamare con solennità: la proclamazione della Parola è una azione liturgica, un atto di culto; si trasmette agli uomini la volontà del Signore, ma allo stesso tempo si acclama il Dio vivente che visita il suo popolo.
Leggere la Parola di Dio è rivelare: ogni proclamazione della Parola è in un certo senso una nuova rivelazione... è un porgere di nuovo all’Assemblea dei fedeli la rivelazione che Gesù Cristo fa in quel preciso momento e a quegli uomini concreti. La proclamazione è un’azione attraverso cui Cristo continua a svolgere la sua missione di annunciatore della Parola del Padre.
Circa l’efficacia della proclamazione della Parola, non va dimenticato che le letture costituiscono, insieme con la liturgia eucaristica, un unico atto di culto: le letture ricordano, proclamano e attuano l’avvenimento salvifico che la celebrazione eucaristica renderà presente in pienezza.
Quindi? Concretamente cosa faremo?
Fatte queste considerazioni, credo che ci rendiamo conto—in modo piuttosto evidente—che la nostra Comunità ha bisogno di alcuni interventi che la aiutino a vivere sempre meglio la Celebrazione Eucaristica nella sua interezza. In particolare sono fermamente convito che occorra al più presto:
1) istituire un gruppo stabile di lettori che siano sempre più preparati, formati e coscienti nello svolgere questo servizio così santo e importante per la vita sacramentale della nostra Parrocchia. Ciò si rende immediatamente necessario, in vista dell’abbondanza della Parola di Dio che saremo chiamati a proclamare e ascoltare nel Santo Triduo Pasquale;
2) formare al più presto una Commissione Liturgica che—in stretta collaborazione e connessione al Consiglio Pastorale—possa monitorare questo e tanti altri aspetti importanti del nostro celebrare il Mistero di Cristo (non da ultimo il canto e il servizio all’altare—leggasi: i chierichetti—in tutte e singole le celebrazioni festive, evitando che alcune di esse siano dei solenni “pontificali” e altre invece solo delle messe tristi e da catacomba).